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Mediazione sociale e processi partecipativi

Avevo preso e stavo leggendo il libro “Una città da abitare. Rigenerazione urbana e processi partecipativi” curato da Lucia Bertell e Antonia de Vita perché volevo capire meglio la modalità di operare e i settori in cui interveniva il gruppo TILT dell’Università di Verona di cui avevo sentito parlare. E mi sono trovato immerso in uno dei problemi che più frequentemente ricorrono nei rapporti tra cittadini e amministrazione pubblica, quello di una fruttuosa collaborazione tra le persone coinvolte nella progettazione sociale.
Negli articoli centrali del volume viene descritta in modo chiaro, lineare e anche per certi versi didascalico, la situazione che spesso si genera tra decisori politici, tecnici cui viene affidata la gestione amministrativa di un progetto che interessa la cittadinanza e i cittadini direttamente coinvolti. Il caso di riferimento è quello di uno dei quartieri periferici di Verona, considerato una specie di ghetto, che è stato riqualificato attraverso la partecipazione a un bando di finanziamento pubblico.
Nella maggior parte dei casi in cui si interviene nella riorganizzazione urbanistica si assiste al prevalere delle diverse logiche politiche con eventuali compromessi per soddisfare i diversi interessi in gioco da parte degli amministratori pubblici, per poi passare alla gestione eminentemente tecnica e spesso sbrigativa da parte degli uffici competenti che si richiudono in se stessi tranne qualche momento di confronto pubblico con la cittadinanza che lascia quasi sempre tutti insoddisfatti.
Verrebbe anche da chiedersi come viene programmato, promosso e realizzato quel momento di confronto pubblico; ossia quali competenze e quali attenzioni vengono dedicate nel coinvolgere i cittadini veramente interessati, ossia quali strumenti e quali metodologie comunicative vengono adottate, ma questo sarà magari argomento di una successiva riflessione.
L’obiettivo di questa breve nota è di evidenziare il fatto che esistono situazioni in cui si riesce a raggiungere un risultato virtuoso con la collaborazione delle diverse componenti sociali interessate e questo libro lo documenta.
Lucia Bertell e Antonia de Vita descrivono l’impegno della loro piccola società, Studio Guglielma, esperta in mediazione sociale che è riuscita a facilitare quelle difficili situazioni di interazione tra decisori, tecnici e reali fruitori dei benefici del progetto. Situazione che viene poi descritta in modo teorico, evidenziando le metodologie e le competenze necessarie, da parte di Franca Olivetti Manukian.
Consiglio a tutti di leggere il libro ma ci tengo in ogni caso a citare una frase che sembra riassumere bene alcuni aspetti centrali del problema.

Per parlare di progettazione sociale e di mediazione sociale come pratiche di azione concreta di intervento, è necessario fare riferimento a una competenza e a una intelligenza nel fare connessioni, nel creare legami lì dove aspetti, questioni e dimensioni del problema procedono e vengono pensate come separate. Si tratta anche di sapere immaginare e combinare ipotesi, che nascono dall’ascolto delle istanze portate dai vari attori e delle risorse presenti, accordando una certa fiducia a tutto ciò che nella sua criticità si presenta come ostacolo. Di fronte ad approcci che tendono a scomporre in sotto problemi, quelli privilegiati dalla progettazione sociale sono uno sguardo e una disposizione a comporre e a ricomporre visioni d’insieme: le dimensioni sociali, culturali, urbanistiche e tecniche di un problema. Un movimento di ricomposizione che esige di sporcarsi le mani in zone di comunicazione e di azione pubblica non lineare, che si espone al rischio di ambivalenze e a un procedere fatto di apprendimento per prove ed errori.” (Antonia De Vita, Quartieri che partecipano, p. 50)

Per completare chiuderei con una citazione dal resoconto di Sandro Tartaglia, AGEC, responsabile del progetto per la Pubblica Amministrazione: “Quindi una generale, progressiva, indispensabile maturazione della società dovrà necessariamente portare con sé la consapevolezza che per un’ottimale progettazione integrata è essenziale ricomprendere anche il sistema della partecipazione”. (Sandro Tartaglia, ingegneri e progettisti sociali: un conflitto costruttivo? P. 114)

UNA CITTA’ DA ABITARE. Rigenerazione urbana e processi partecipativi. A cura di Lucia Bertell e Antonia De Vita. Carocci Editore, 2013